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Le caratteristiche principali del suono

music04Dal punto di vista della fisica, le onde sonore sono onde meccaniche che si propagano in un mezzo materiale, come un gas, un liquido o un solido. Una sorgente sonora può essere idealmente rappresentata da una sfera pulsante, che crea nell’aria delle onde di compressione e rarefazione. L’onda sonora generata in questo modo si propaga in ogni direzione attraverso l’aria, trasportando energia. Il suono così prodotto può essere percepito dall’orecchio umano se la sua frequenza è compresa tra 20 e 20.000 Hertz (Hz) (1Hz = 1 csiclo di compressione/rarefazione al secondo). Le frequenze basse, da 0 a 20 Hz, si chiamano Infrasuoni e vengono percepite più dal corpo che dall’orecchio, quelle più acute, oltre i 20.000 Hz, sono gli Ultrasuoni. Con l’età l’orecchio umano tende a perdere sensibilità per le frequenze superiori a 8.000 Hz.

In musica, qualunque suono può essere descritto definendone l’Altezza, l’Intensità, il Timbro e la Durata.
1) L’Altezza (equivalente alla Frequenza) è il numero di cicli al secondo con cui vibra l’onda sonora: è ciò che al Suono permette di esistere ed essere tale.
2) L’Intensità è il volume di un suono, che può variare dall’urlo, al volume di una conversazione normale, al sussurro.
3) Il Timbro, o colore del suono, è ciò che rende possibile distinguere una voce da un’altra.
4) La Durata, o lunghezza, è la durata del suono nel tempo.

In un brano musicale, indipendentemente dal genere, ogni suono potrà sempre essere descritto definendone queste quattro caratteristiche.
Ogni nota corrisponderà ad una precisa frequenza (altezza) e avrà una sua intensità e una durata, ma se la sorgente del suono è, per esempio, la corda di una chitarra, il suono emesso non sarà costituito esclusivamente dalla singola frequenza corrispondente alla nota, ma oltre a quella frequenza (detta “fondamentale”) verranno emessi anche suoni con frequenze diverse (dette “armoniche”: onde secondarie che accompagnano l’onda principale). La frequenza e l’intensità delle diverse armoniche che vengono generate con la fondamentale costituiscono quella caratteristica del suono che chiamiamo Timbro.
Per noi occidentali il termine “suono” è sinonimo di musica e, pensando a essa, ci ricordiamo delle sette note: DO, RE, MI, FA, SOL, LA, SI, DO (più acuto) che formano la scala. Ad ogni nota corrisponde appunto una frequenza ben precisa, per esempio 261.6 Hz corrisponde a un DO, 392 Hz a un SOL, 440 Hz a un LA e 523.2 Hz al DO più acuto, che, come si vede, ha una frequenza doppia del DO più basso della scala.
Tutti noi abbiamo ascoltato la scala di DO con i suoni che salgono uno dopo l’altro come gradini sino a raggiungere il DO più alto e li abbiamo realmente sentiti “salire”.
Se questa scala continuasse a salire toccando note sempre più acute sino a raggiungere e a oltrepassare la soglia dell’udibilità noi avremmo davvero l’impressione che i suoni raggiungano il cielo…
In Sanscrito i suoni che compongono la scala vengono indicati in questa sequenza: SA, RI, GA, MA, PA, DHA, NI, SA (più acuto).
Ma qui SA non è il sinonimo di DO, cioè non ha una sua frequenza precisa, indica invece solo il primo gradino della scala che può essere ad una qualunque frequenza udibile, RI è il 2° gradino, GA il 3° e così via.
Le scale indiane sono parecchie, alcune di esse sono piuttosto insolite per noi, altre sono equivalenti alla nostra scala maggiore, alla minore, ai modi del canto gregoriano e… curiosamente, a scale utilizzate nel rock.

Anna Villa


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